Certe mattine basta mettere il naso fuori e sembra primavera ma la sera è nuovamente inverno. Per noi giardinieri nessun periodo è così destabilizzante come la fine di febbraio. Comunque siamo ancora nel pieno dell’attività potatoria. Si taglia e si carica, dal mattino presto a che fa buio, saltellando su scale (antinfortunistiche certamente) o appesi a funi, in volo con altissimi cestelli mossi da braccia idrauliche che i nostri nonni potevano solo sognare o semplicemente infilati sotto rosai inestricabili. Sono giorni di tagli e quello che non si deve assolutamente fare è utilizzare strumenti inefficaci.
Un esempio: se devo potare tre rosai in un anno, lo posso fare anche con una vecchia forbice. Ma se devo potarne trecento o tremila il discorso cambia di molto. Forbici affilatissime come rasoi sono la base su cui discutere, ma c’è di meglio. Noi per esempio utilizziamo volentieri anche i segacci a serramanico, facili da trasportare, sempre pronti all’uso, di due o tre misure e naturalmente di eccellente qualità. Con loro facciamo la gran parte di lavoro nella potatura grossolana (dove per grossolano intendo branche e rami principali) di un arbusto, una pianta da frutto, un alberello. Poi rifiniamo di forbice.
Alcuni preferiscono le cesoie con manici lunghi, ottime e veloci ma poco pratiche se devi districarti nel groviglio di un glicine, o le ramaglie dimenticate di una lagaerstroemia. Comunque sono sempre pronte e utilizzabili all’occorrenza. Questo per rimanere nel campo degli attrezzi manuali. Salendo di quota su un albero o una siepe entra in gioco lei, la regina della potatura “importante”, o per sbrancare: la motosega da potatura. Non deve superare una lunghezza di taglio di 30-35 cm, quindi deve vibrare poco o nulla essere istantanea nell’accensione e possibilmente pesare poco…dimenticavo, il bilanciamento perfetto. E tutto questo per non arrivare a sera distrutti.