I Giardini a basso impatto ambientale

2^ Parte : Strategie

Le piante. Quali? Per prima cosa guardandosi intorno, e da buoni osservatori vedere come si comportano le varie specie e varietà nelle immediate vicinanze. Il tempo impiegato ad osservare è di grande aiuto perché non sempre l’albero o l’arbusto che si pensava adatto è perfetto per la situazione. Se per esempio notiamo che i ciliegi del circondario sono sofferenti per attacchi parassitari o per eccessiva presenza di funghi o muffe sul tronco, vuol dire che i terreni erano  si probabilmente adatti alla specie ma che negli ultimi anni qualcosa è andato storto e ha spostato gli equilibri adatti, sarebbe meglio quindi rivolgere le attenzioni verso altre specie. Quest’anno nella mia valle molte ortensie, che fino a qualche anno fa erano rigogliose, hanno manifestato vari sintomi di carenza d’acqua e forte insolazione, ma chi ha spirito di osservazione ricorderà che già qualche anno fa le medesime avevano iniziato a manifestare qualche disagio. In genere le problematiche maggiori derivano appunto dalle carenze di acqua, sempre più spesso notiamo l’instaurarsi di stagioni secche se non addirittura aride e molte piante avide di acqua vanno in sofferenza. Segnali di piante resistenti le troviamo osservando i terreni dimenticati, i giardini abbandonati i versanti di collina o montagna più esposti. Mai come adesso diventa fondamentale il parere di chi coltiva le piante, vivaisti e floricoltori possono senz’altro darci il loro parere professionale, semmai il problema è selezionare coloro che al ritorno economico preferiscono fidelizzare la loro clientela con i giusti consigli. Ricordo sempre che la conoscenza delle piante viene in primo luogo dall’esperienza che facciamo con le stesse nei luoghi che conosciamo meglio, poi viene dalla lettura e studio dei libri, ma anche internet, sapendo dove cercare, è una miniera infinita.

Scegliere le piante. La scelta si fa non solo in base all’estetica, ma anche per il tempo e le energie che le piante richiederanno successivamente, per essere gestite nella loro dimensione o ingombro, nonché per aspetti minori ma sempre da considerare, come la cascola dei frutti, foglie e fiori. Si deve insomma prevedere ciò che saranno le piante in età adulta, è inutile piantare un albero che raggiungerà grandi dimensioni se il giardino è piccolo, perché poi il medesimo esemplare richiederà continue potature o addirittura l’abbattimento per non ingombrare tutta l’area. Anche una pergola di uva fragola, seppure “poetica”, potrebbe rappresentare una difficoltà se poi non sopportiamo la presenza delle vespe che vanno e vengono quando il frutto è maturo. Oppure la pianta di gelso che doveva fare ombra al parcheggio ma invece con la cascola delle numerose more andrà a “sporcare” le automobili parcheggiate. Si sceglie per il colore dei fiori ma anche per i frutti che daranno e perfino per la qualità del legno, se mai un giorno, si decidesse di ardere i rami della potatura nella stufa.

Ridurre gli spostamenti. Tutto ciò che viene prodotto o generato dal giardino (e dall’orto) deve rimanere nel medesimo luogo. Se foglie, erba, ramaglie, scarti organici vari, prende la strada del compostaggio lontano da casa vuol dire che è stato trasportato. Ogni volta che trasportiamo utilizziamo energie, quindi si deve compostare ogni sostanza organica del giardino in situ. La cippatura è una pratica da considerare solo se si hanno grandi quantità da sminuzzare, altrimenti sarebbe meglio destinare il legname alla stufa o al caminetto. Anche la sana pratica della cippatura richiede combustibili. A questo punto per piccoli giardini è meglio rivolgere le attenzioni ad attrezzature con motore elettrico.

Diminuire le superfici a prato ornamentale. E aumentare quelle a prato “naturale”. Il prato è  di solito la parte del giardino con la maggior superficie. Vedremo successivamente che il cosiddetto prato ornamentale, cioè quello costituito da poche specie di graminacee adatte al taglio continuo è avido di acqua e nutrienti e di conseguenza molto suscettibile agli attacchi parassitari. Inoltre è la parte del giardino più esigente di diserbanti selettivi.  Considerare il prato naturale, eventualmente tagliato di frequente con tosaerba elettrico robotizzato, per mediare l’aspetto estetico con la valorizzazione della biodiversità e il contenimento dei costi.

Aumentare le superfici di piante tappezzanti e di arbusti bassi. Praticamente si tratta di investire più tempo ed energie nella fase costruttiva mettendo a dimora molte piante che con il loro portamento basso e allargato consentano una fitta copertura vegetale intorno ad alberi o arbusti più grandi. In questo modo si tengono a bada le infestanti e si impiegherà molto meno tempo negli anni a venire per mondare le superfici. Anche i piccoli arbusti svolgono il medesimo compito, soprattutto nei terreni fortemente in pendenza su cui si svolgerà anche una stabilizzazione della superficie. Le erbacee e gli arbusti tappezzanti sono facilmente reperibili in una grande quantità di specie, adatte a tutte le situazioni, anche per terreni senz’acqua e poveri di nutrienti.

Fauna selvatica. Questo è uno dei motivi principali che ci spingono a considerare il giardino vocato alla biodiversità. Gli animali sono i principali protagonisti di un ciclo biologico equilibrato, la loro presenza è indice di salubrità ma anche di ritrovato equilibrio, quindi attivatori di effetti “tampone”, su attacchi di insetti patogeni in primo luogo. Gli interventi poco invasivi, l’eliminazione di tutti i prodotti chimici, la disponibilità di cibo (fiori, bacche e frutti) e acqua, la presenza di nidi per gli uccelli e rifugi per i piccoli mammiferi sono i punti su cui lavorare di più. L’argomento è vastissimo e può portare alla conoscenza di un mondo, che spesso il giardiniere appassionato ma anche il professionista, ignorava o sottovalutava. Da questo possono nascere veri entusiasmi che uniti alla passione delle piante, completa e valorizza tutta l’opera del giardino.

Acqua.  Parola magica,  elemento vitale, possiamo farne a meno? No, la risposta è facile. Possiamo utilizzarne poca? Si, si può fare… con le dovute accortezze, con alcune tecniche e strumenti, perfino con antiche pratiche. Purtroppo l’acqua che giunge dal cielo è sempre meno disponibile, perché ne scende poca oppure tantissima ma in poco tempo, e in tutte e due i casi il terreno non riesce ad immagazzinare le riserve sufficienti. Tutto ciò dove fino a pochi anni fa la disponibilità sembrava dovesse essere infinita o comunque con poche limitazioni. Esiste un neologismo che riassume l’insieme delle strategie conservative dell’acqua ed è :

 Xeriscaping dal greco xeros (secco, asciutto) e dal termine inglese landscape (paesaggio naturale). Vediamo quali tecniche comprende il Xeriscaping:

Piante resistenti: alla carenza d’acqua, ma anche al sole pignolo e in certi casi al vento.

Hydrozoning: cioè radunare in ampie macchie tutte le piante con esigenze idriche simili

Irrigazione: oculata e mirata esclusivamente alle specie che la richiedano,  con ala gocciolante auto compensante e sub-irrigazione

Pacciamatura: organica con foglie  o cippato di legna, paglia, gusci di nocciola, corteccia di pino

Preparazione attenta del terreno: aumentando la massa organica, anche attraverso  la tecnica del sovescio, e aumentando la frazione argillosa se in terreni troppo sabbiosi.

Creazione di terrazzamenti per limitare o evitare il dilavamento in terreni troppo in pendenza.

Creazione di zone d’ombra: attraverso la piantumazione di alberi, in gruppi o filariSiepi miste di latifoglie e sempreverdi, non solo per poter godere di colori e profumi differenti nell’arco dell’anno ma anche e soprattutto per attirare una gran varietà di animali: uccelli, farfalle e piccoli mammiferi.

Nella terza parte vedremo, più da vicino, le strategie più importanti.

     

   

   

      

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