Cosa fare nel mese di luglio. 1^ parte

La raccolta delle corolle

Raramente si notano giardinieri intenti a raccogliere i fiori al termine della fioritura, anche se la pratica non può che portare vantaggi. La pianta utilizza gran parte delle sue energie per portare a termine la fioritura nella speranza di riuscire a formare del seme maturo. Se il nostro fine non è quello della produzione di seme, ma solo il godimento di piante fiorite e sane, evitiamo ad esse ogni ulteriore sforzo cogliendo i fiori ormai appassiti, spesso poi, e in misura diversa da specie a specie, si ottiene una nuova produzione di fiori. Oltretutto ne gioverà anche il lato estetico delle nostre aiuole sempre pulite e prive di malinconiche corolle.

 

Lavanda da potare

Il nome di questa labiata è già un programma, utile infatti sia nella cosmesi che in erboristeria è tra le piante più apprezzabili anche in giardino. La fioritura esuberante, profumata e il fogliame grigio ne favoriscono l’inserimento in ogni giardino ben esposto al sole, in siepi e gruppi o nelle varietà contenute come la “munstead” o la “Hidcote” per formare parterre di grand’effetto. Al termine della fioritura e soprattutto per gli ibridi alti (lavandini) si ricorra alla potatura per evitare la crescita eccessiva delle ramificazioni con conseguente diradamento del fogliame basso. Sempre più spesso infatti si notano ramificazioni spoglie con appena qualche ciuffo qua e là di foglioline, frutto di una scorretta manutenzione negli anni. Il taglio si effettua appunto dopo la fioritura, eliminando le spighette fiorite e gran parte della crescita dell’anno. La sola spuntatura non è sufficiente a contenere la rapida crescita della vegetazione nuova, bisogna osare qualcosa di più. Le cultivar inglesi sopra citate sono invece meno esuberanti e richiedono una potatura meno aggressiva, ci limiteremo a spuntare le spighette togliendo anche due o tre centimetri di fogliame nuovo.

 

Irrigazioni estive

Tra i giardinieri ci sono due scuole di pensiero sull’irrigazione estiva. Tutti però sono d’accordo che bagnare il fogliame e i fiori non è pratica da condurre liberamente, molto meglio condurre l’acqua solo e direttamente sul terreno. Alcuni ritengono che apportare acqua al mattino sia meglio che alla sera e viceversa. Le motivazioni sono diverse, tutte più o meno valide. Chi ritiene sia meglio alzarsi presto per dare acqua alle benamate pensa che così si evitino molte malattie dovute al ristagno notturno, perché il sole del mattino evaporerà prontamente il liquido in eccesso che eventualmente tenda a ristagnare sotto le chiome, l’umidità si sa è favorevole a molte crittogame. Altri dedicano questa pratica al tardo pomeriggio o meglio alla sera quando il sole sta per calare, ipotizzando che soprattutto in piena estate ci sia bisogno di una gran quantità d’acqua e solo la durata della notte permette al terreno e alle piante di immagazzinarne una giusta quantità, senza la “predazione” solare. La mia esperienza mi fa supporre che non esista una regola valida per ogni situazione e mi limito ad osservare la tipologia del giardino prima di decidere quando e come irrigare. Il calore estivo combinato all’acqua è quasi sempre deleterio, ma ci sono circostanze particolari, come la buona ventilazione di alcune vallate alpine o sul litorale marino che impediscono spesso l’insorgere di malattie dovute all’umidità. L’esatto contrario succede invece nella pianura padana o su ogni altra grande pianura dove la circolazione dell’aria è minima favorendo il ristagno atmosferico, il caldo umido e di conseguenza le malattie fungine. Nel primo caso irrigherei senz’altro alla sera, anche per sfruttare la poca acqua generalmente disponibile, mentre sulle pianure di mattina presto per sfruttare gli influssi benefici del sole.

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